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Rappresentazione visiva dell'articolo: Fed e Bce: tassi divergenti, strategie a confronto

Autore: Banca Widiba

Data di pubblicazione: 20 dicembre 2024

Fed e Bce: tassi divergenti, strategie a confronto

Nonostante due situazioni economiche completamente diverse, con gli Stati Uniti in crescita e l’Europa ancora in ripresa, le due principali banche centrali si sono mosse sulla stessa linea d’azione. Eppure, se fino a dicembre la Banca centrale europea e la Federal Reserve si sono mosse a braccetto, optando entrambe per dei tagli tassi, da gennaio la situazione potrebbe cambiare drasticamente.


Bce: quando i tagli non sono abbastanza per stimolare la crescita

La scorsa settimana la Banca centrale europea ha optato per un attesissimo taglio da 25 punti base, accompagnato però dal solito avvertimento: il tragitto delle prossime decisioni non è “predeterminato” e resterà “dipendente dai dati”. Insomma, come accaduto in passato, la presidente Christine Lagarde ha cercato di bilanciare le parole, portando argomenti distensivi, ma anche cautela nei confronti del calo dell’inflazione osservato fin qui.


L'Eurozona si trova sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo del 2% nel medio termine, ma questo non basta a stimolare la crescita. C’è ancora molta strada da fare e all’orizzonte ci sono sicuramente altri tagli dei tassi. Lagarde ha comunque ricordato alcune buone ragioni per evitare di indurre aspettative troppo aggressive sui tagli: “Guardiamo i fatti: con un’inflazione interna ancora al 4,2% e una crescita dei salari che sta rallentando, ma che rimane significativa, dobbiamo essere molto cauti. La dinamica salariale, pur decelerando, continua a influenzare le pressioni inflazionistiche e rappresenta un elemento chiave nelle nostre considerazioni”.


Fra gli analisti, che cercano sempre di leggere fra le righe delle dichiarazioni, non è molto facile capire quanto la Bce potrà ancora tagliare nel corso del 2025, e il riferimento all’andamento dei dati complica il lavoro di previsione. In un simile scenario, tassi che si mantengono su livelli superiori a quelli pandemici incoraggiano gli investitori a puntare sulle obbligazioni. In un orizzonte tattico, si potrebbe preferire il reddito proveniente da obbligazioni a breve scadenza dell’area euro e dal credito, rimanendo tatticamente neutrali sui titoli di stato europei a lungo termine.


Fed: ultimo taglio dei tassi per qualche mese

Dopo un mese pieno di domande sulla direzione che avrebbe preso la banca centrale americana, il mercato si è visto costretto a ridisegnare profondamente le proprie aspettative dopo la riunione di mercoledì 18 dicembre. Nell’immediato, il taglio dei tassi previsto da 25 punti base c’è stato, ma è stato accompagnato da molte più cautele del previsto e, soprattutto, una ridefinizione delle previsioni sui tassi futuri da parte dei membri del Fomc.


Il Comitato ha infatti anticipato per il 2025 solo due tagli, rispetto ai quattro a cui si pensava inizialmente. Insomma, potrebbe essere necessario aspettare fino a giugno per vedere una nuova riduzione dei tassi.


A supportare una virata più conservatrice nelle politiche della Federal Reserve è stata una decisa revisione delle stime macroeconomiche rispetto a quelle elaborate a settembre: per il 2024 la crescita stimata sale dal 2 al 2,5%, la disoccupazione scende dal 4,4 al 4,2%, mentre l’inflazione di fondo viene rivista al rialzo dal 2,6 al 2,8.


Non si può parlare di una vera e propria sorpresa, considerando che Powell aveva già anticipato la possibilità di una politica sempre più prudente, ma l’effetto di questa ufficialità si è visto subito sui mercati. L’S&P 500 ha chiuso in calo del 2,95%, il Nasdaq giù del 3,56% e ancor peggio il Russell 2000, l’indice che include anche le small cap (tipicamente molto sensibili ai tassi), con un -4,39%. L’ipotesi di tassi più elevati a lungo ha anche colpito l’oro, sceso da 2.653 dollari l’oncia a un minimo di 2.596,7, tornando ai minimi da un mese.


Anche nel caso statunitense, tassi elevati più a lungo rendono attrattivi i rendimenti obbligazionari. Questo non significa che l’azionario statunitense abbia perso il suo slancio: l’impatto immediato dei tassi è stato negativo, ma lo scenario di un’economia americana in “no landing”, ossia priva di rallentamento, dovrebbe sostenere gli utili senza l’aiuto di una politica monetaria a supporto. La battuta d’arresto dell’azionario americano, del resto, arriva dopo settimane di esuberanza accumulata.


Bce vs Fed: è arrivato il momento di procedere separati

Le previsioni economiche profondamente diverse per Stati Uniti e Europa suggeriscono una profonda divergenza nelle politiche monetarie delle due banche centrali. Nonostante Powell e Lagarde si siano mostrati molto cauti sulle aspettative per il prossimo anno, i prezzi di mercato indicano che entro la fine del 2025 i tagli dei tassi della Federal Reserve saranno solo la metà di quelli previsti dalla Bce. Una crescita economica lenta e tassi di inflazione al di sotto degli obiettivi forzeranno infatti la mano della Banca centrale europea.

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